Perchè l’8 marzo: la storia per meglio capire la festa delle donne. Continua la nostra iniziativa, nel ripercorrere le lotte e le vittorie delle donne. Oggi: 1960 la parità salariale

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Il 16 luglio 1960, a Milano, venne sancita la parità salariale tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Vengono così eliminati i contratti che prevedono un salario diverso a seconda del genere.

Dopo una lunga trattativa e a più di un decennio dall’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, veniva siglato l’accordo interconfederale che stabiliva la parità retributiva fra uomo e donna, ponendo fine a contratti collettivi in cui erano fissate retribuzioni diverse sulla base del genere, come ad esempio nel contratto dei tessili del 1950 o quello dei chimici del 1958.

Ma, nonostante l’accordo interconfederale per l’industria di 55 anni fa, che prevedeva un inquadramento professionale non più riferito al sesso, l’Italia è ancora oggi tra i paesi con la maggior differenza salariale tra uomini e donne.

Un aspetto fondamentale che continua a generare disuguaglianze per le donne nel mercato del lavoro. Una condizione, questa, che porta le donne a essere più gravemente colpite dalla povertà rispetto agli uomini.

Per la parità tra uomini e donne la strada è ancora lunga.

Se lo scorso anno avevamo festeggiato la risalita al 70esimo posto (dall’82esimo posto del 2017), quest’anno dobbiamo incassare un brutto colpo. Siamo scivolati al 76esimo posto su 153 Paesi, solo una tacca più su del posizionamento che avevamo nel 2006.

A penalizzarci, neanche a dirlo, è l’opportunità di partecipare all’economia del Paese a cominciare dal tasso di occupazione. In Italia lavora ancora meno di una donna su due.

Il raggiungimento della parità di genere nel mercato del lavoro è ancora lontano.

In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, il divario fra tasso di occupazione delle donne e quello degli uomini è del 18,9%, in Europa fa peggio solo Malta.

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Visti i numeri, la  prima ragione per la parità salariale emerge da sé: è una questione di diritti negati.

Dopotutto, l’articolo 37 della Costituzione è di una chiarezza esemplare: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”.

Ecco perché la parità di genere è un’urgenza di cui occuparsi. Con una legge sulla parità salariale, tanto per cominciare, che obblighi le aziende all’equo trattamento di stipendio. Sappiamo che una norma esiste ma che non produce alcun effetto perché troppo blanda: è arrivato il momento di riprendere in mano la situazione e studiare un provvedimento che possa garantire alle donne lo stesso trattamento economico degli uomini. Ogni altro aspetto, dall’emancipazione femminile, alla maternità, dalla conciliazione sino alla violenza di genere, passa dai soldi: l’indipendenza economica  è il primo presupposto per la libertà delle donne.

 

 

 

 

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