Pensioni, ecco tutti i modi per lasciare il lavoro prima dei 67 anni. Quando vado in pensione?

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Nonostante manchino quasi due anni alla fine della sperimentazione della pensione quota 100, già si fanno ipotesi su cosa succederà dal 2022, e i lavoratori che hanno poco più di 60 anni di età guardano al futuro con il timore di dover proseguire l’attività fino a raggiungere i 67 anni necessari per accedere alla pensione di vecchiaia.

Tuttavia quest’ultimo non è l’unico canale di pensionamento e, nonostante l’inasprimento generale dei requisiti dovuto alla riforma Fornero, ci sono ancora soluzioni che consentono di accedere alla pensione o a un prepensionamento ben prima di compiere 67 anni.

Pensione di vecchiaia
Oggi ci si accede con almeno 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. Il primo requisito è agganciato alla variazione della speranza di vita, ma la buona notizia è che questo meccanismo non determinerà alcun aumento in occasione del prossimo adeguamento. Quindi anche nel biennio 2021-2022 i minimi per accedervi rimarranno invariati.

Inoltre alcune categorie di lavoratori quest’anno maturano il requisito per la pensione di vecchiaia ancora a 66 anni e 7 mesi di età, come nel 2018, ma con almeno 30 anni di contributi. Si tratta di chi ha svolto lavori gravosi e degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (dette anche usuranti).

Quota 100
Salvo modifiche alle regole, c’è tempo fino al 31 dicembre 2021 per maturare i 62 anni di età e i 38 anni di contributi che consentono di andare in pensione ben prima della pensione di vecchiaia o dell’anticipata. In questo caso tra maturazione del diritto e primo assegno trascorrono 3 mesi di finestra se si tratta di un lavoratore del settore privato e 6 mesi per i dipendenti pubblici.

Occorre inoltre ricordare che almeno 35 anni di contributi devono essere effettivi. Ma una volta raggiunti i minimi richiesti entro il 2021, si potrà andare usare quota 100 anche dopo tale anno.

Pensione anticipata
Con questo canale non conta l’età, ma quanti anni di contributi si sono versati. Per gli uomini sono necessari 42 anni e 10 mesi, per le donne 41 anni e 10 mesi. In entrambi i casi, almeno 35 anni devono essere di contributi effettivi, quindi non valgono quelli figurativi riconosciuti in caso di disoccupazione e malattia.

Tra la maturazione del diritto alla pensione e l’erogazione del primo assegno si applica la finestra mobile di 3 mesi, periodo in cui molte persone continuano a lavorare per non rimanere senza reddito, e quindi di fatto ritardando la fine dell’attività. Tuttavia, dato che non c’è alcun requisito anagrafico, se per esempio si è iniziato a versare i contributi a 20 anni e non ci si è mai fermati, si matura il diritto a meno di 63 anni.

Pensione anticipata contributiva
Prevista per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996 ed è interamente soggetto al metodo di calcolo contributivo. Vi si accede ad almeno 64 anni di età (requisito della vecchiaia ordinaria ridotto di 3 anni), 20 anni di contributi, e un assegno previdenziale di importo pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale (quindi 1.287,52 euro quest’anno).

Al momento è un canale di pensionamento poco utilizzato perché per avere 64 anni di età e 20 di contributi post 1995 si deve aver iniziato a lavorare tardi nella vita, a circa quarant’anni.

Opzione donna
Le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 58 anni di età e quelle autonome che hanno compiuto 59 anni di età nel 2019, e al contempo hanno raggiunto i 35 anni di contributi, possono andare in pensione dopo aver fatto trascorrere una finestra mobile di 12 mesi (dipendenti) o 18 mesi (autonome). Quindi, nei fatti, il primo assegno lo si riceve non prima dei 59 anni o dei 60 anni e 6 mesi di età.

Lo “sconto” rispetto alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata è considerevole, ma altrettanto rischia di essere la riduzione dell’importo dell’assegno, perché si smette prima di lavorare e accumulare contributi e perché viene applicato il metodo di calcolo contributivo invece di quello misto.

Lavoratori precoci
Se una persona ha lavorato, e versato contributi, per almeno 12 mesi prima di compiere i 19 anni di età, per il sistema previdenziale è un lavoratore precoce. E se rientra anche in una delle 4 categorie di persone ritenute meritevoli di tutela, può andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.

Ciò significa che occorre, in alternativa:
● 1 essere disoccupato e avere esaurito le prestazioni di disoccupazione da almeno tre mesi;
● 2 prendersi cura almeno da sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave;
● 3 avere un’invalidità almeno al 74%;
● 4 aver svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” (per esempio muratori, camionisti, facchini) per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci (o, infine, essere un “usurato”).
Tra la maturazione del diritto e la decorrenza passano 3 mesi.

Attività usuranti o notturne
Addio al lavoro con almeno 35 anni di contributi e un minimo di 61 anni e 7 mesi di età, purché la somma (in gergo previdenziale “quota”) dei due valori dia almeno 97,6. Questa l’opzione prevista per chi ha svolto per almeno metà della vita lavorativa o per almeno 7 degli ultimi 10 anni, una delle attività classificate come particolarmente faticose e pesanti (tra questi minatori, palombari, autisti di autobus per il servizio pubblico). Attenzione, però, perché se si è lavorato anche come autonomi, l’età minima sale di un anno, così come la quota.

Questi requisiti valgono anche per chi ha lavorato di notte per almeno 78 giornate all’anno. Salgono, invece, fino a quota 100,6, incrementando solo l’età minima, se si è lavorato di notte ma per un numero inferiore di giornate all’anno (almeno 64). Per accedere allo sconto, le attività che lo fanno maturare devono essere state svolte per almeno metà della vita lavorativa o almeno per sette anni negli ultimi dieci.

Ape sociale
Non è una pensione, ma garantisce comunque un reddito mensile senza lavorare. Questa indennità viene erogata dallo Stato a determinate categorie di persone che hanno compiuto almeno i 63 anni di età e fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia o anticipata. L’importo dell’assegno è pari alla pensione maturata quando si chiede l’Ape (anticipo pensionistico) sociale, con un massimo di 1.500 euro lordi, pagato per dodici mesi l’anno.

Può richiedere questo scivolo:
● 1 chi è disoccupato, ha terminato le prestazioni di disoccupazione da almeno 3 mesi, e ha almeno 30 anni di contributi;
● 2 chi si prende cura almeno da sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave e ha almeno 30 anni di contributi;
● 3 chi è invalido almeno al 74% e ha almeno 30 anni di contributi;
● 4 chi ha svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” (per esempio muratori, camionisti, facchini) per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci e ha almeno 36 anni di contributi.

Isopensione
Dire addio al lavoro già a 60 anni di età o con 36 anni e 4 mesi di contributi (un anno in meno per le donne). È possibile con l’isopensione, ossia lo scivolo disponibile già dal 2012, che garantisce un assegno ponte da quando si concorda l’uscita dall’azienda fino alla maturazione dei requisiti previdenziali di vecchiaia o per il trattamento anticipato.

L’onere dell’operazione è tutto a carico del datore di lavoro, che deve versare anche i contributi, in modo che l’ex dipendente non subisca penalizzazioni per quanto riguarda l’importo della pensione.

Contratto di espansione
Nell’ambito di un piano di riorganizzazione, le imprese con più di mille unità lavorative possono accompagnare alla pensione i dipendenti a cui mancano non più di cinque anni al trattamento di vecchiaia o a quello anticipato.

In tale arco di tempo costoro ricevono un assegno pari alla pensione maturata al momento in cui smettono di lavorare e, se vanno verso la pensione anticipata, l’azienda versa anche i contributi previdenziali. Un meccanismo analogo all’isopensione ma rispetto a quest’ultima con oneri minori per le aziende e benefici inferiori per i lavoratori.

Assegno straordinario
I fondi di solidarietà possono erogare un assegno straordinario che accompagna alla pensione, di vecchiaia o anticipata, i lavoratori delle imprese aderenti, fino a un massimo di cinque anni. A chi accetta l’esodo, viene garantito un assegno pari alla pensione maturata fino a quel momento e vengono versati i contributi previdenziali. Molto usato nel settore del credito.

L’addio all’azienda può dunque avvenire a partire da 62 anni di età oppure da 37 anni e 1 mese di contributi (un anno in meno le donne) perché si deve tener conto della “finestra” applicata alla pensione anticipata.

Per approfondire vai su “ilsole24ore.com”

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