Morire di lavoro: una strage silenzionsa, una tragedia coperta d’indifferenza. Oggi 11 ottobre la giornata dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro. La lista infinita delle “morti bianche”
L’Italia celebra l’11 ottobre la sua settantesima giornata nazionale per le vittime del lavoro. Da gennaio ad agosto di quest’anno, 830 donne e uomini hanno perso la vita uccisi dal lavoro. Uno ogni 8 ore.
Ecco la dichiarazione di Ivana Veronese, Segretaria confederale UIL
“Oggi ricorre la giornata nazionale dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro. Un’occasione in più per richiamare l’attenzione su un tema, quello della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui in questi mesi si è inevitabilmente parlato molto, su cui abbiamo fatto manifestazioni, a cui abbiamo dedicato iniziative.
Parlarne non può più essere sufficiente. E non è solo un problema legato alla pandemia in corso: nonostante i tanti mesi di sospensione delle attività, nel 2020 sono addirittura aumentate le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale, solo una parte dovuta al COVID-19.
Muoiono lavoratrici e lavoratori nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi. Si ammalano, a volte purtroppo in maniera non curabile, per condizioni di lavoro malsane, non a norma, superficiali.
In un Paese civile tutti – istituzioni, sistema imprenditoriale, società civile – dovrebbero considerare inaccettabile che una persona esca di casa la mattina per andare a lavoro mettendo in conto l’incertezza di potervi ritornare la sera. Perché non vengono fornite protezioni e strumenti adeguati, perché si ignorano le norme sulla sicurezza, per mille e più motivi. E perché in moltissimi hanno comunque bisogno di lavorare e non possono permettersi di rifiutare uno stipendio e pur di non perderlo corrono il rischio.
Questo rischio – spesso totalmente prevedibile ed evitabile con disposizioni adeguate – non può più essere contemplabile.
Ogni mese ci arrivano i dati ufficiali sugli infortuni sul lavoro, ogni settimana notizie di almeno due o tre persone morte svolgendo il proprio lavoro: oggi il Governo dovrebbe prendere una posizione forte e dire che non ci sono dati “buoni”, dati accettabili, e che anche una lavoratrice o un lavoratore morti sul proprio luogo di lavoro sono una lavoratrice o un lavoratore rubato alla vita. Anche “uno” sarebbe un dato nero. E, purtroppo, da quell’ “uno” siamo ancora lontanissimi.
Dobbiamo riprendere i tanti tavoli sulla sicurezza lasciati interrotti, dobbiamo fare ancora tanto, sì, per quanto riguarda le ripercussioni della pandemia sul lavoro, ma non possiamo permetterci di lasciare indietro tutto il resto. Che non è stato risolto, che continua ad accadere. Quel conto va fermato: non rallentato, non ridotto. Fermato.”
Qua in basso, il link alla lista delle tante, troppe morti bianche.