Busta paga lordo e netto

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In Italia, si parla da anni di ridurre il cuneo fiscale, ossia, la differenza tra il costo del lavoratore e lo stipendio netto che egli si mette in tasca.

Quando si legge una busta paga di un lavoratore dipendente colpisce osservare la grande distanza che esiste tra quanto un dipendente costa al datore di lavoro e quanto il lavoratore si mette in tasca in termini di stipendio netto.

In Italia, il datore di lavoro è nominato dalla legge sostituto di imposta nei confronti del lavoratore. Ciò significa che, mentre un lavoratore autonomo ottiene dal proprio cliente il compenso lordo e, poi, in sede di dichiarazione dei redditi, provvede a pagare le tasse ed i contributi previdenziali sul reddito dell’anno precedente, nel rapporto di lavoro subordinato questo adempimento viene svolto direttamente dal datore di lavoro per conto del lavoratore.

In sostanza, il datore di lavoro calcola le tasse sul reddito che il lavoratore deve pagare e provvede a trattenerle direttamente dallo stipendio lordo, versando le tasse del lavoratore al fisco.

Allo stesso modo, il datore di lavoro trattiene dallo stipendio lordo dovuto al dipendente anche la quota di contributi previdenziali a carico del lavoratore e provvede a versarli all’Inps o al diverso ente previdenziale cui il dipendente è iscritto.

Per dare conto al dipendente di tutte queste operazioni, effettuate sul suo stipendio, la legge [1] obbliga ogni datore di lavoro a consegnare al lavoratore mensilmente, all’atto del pagamento dello stipendio mensile, un prospetto paga detto anche cedolino o busta paga.

In particolare, la busta paga deve contenere i seguenti elementi:

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  • nome, cognome, codice fiscale, indirizzo e qualifica e livello di inquadramento del lavoratore;
  • data di assunzione e di cessazione del rapporto di lavoro;
  • contratto collettivo nazionale di lavoro applicato;
  • denominazione, partita iva, matricola Inps ed Inail e sede legale del datore di lavoro;
  • sede di lavoro del dipendente;
  • giornate di lavoro prestate nel mese di riferimento;
  • retribuzione base, superminimo individuale, scatti di anzianità;
  • fringe benefit erogati al dipendente ed incidenza sulla retribuzione;
  • ferie e permessi retribuiti goduti e residui;
  • tfr accantonato e residuo;
  • trattenute operate dal datore di lavoro per versare l’Irpef al Fisco ed i contributi previdenziali all’ente previdenziale cui il dipendente è iscritto;
  • somme erogate al lavoratore per conto terzi (assegni familiari, indennità di malattia, maternità, infortunio, bonus Renzi, etc.);
  • stipendio netto erogato al dipendente nel mese di riferimento.

Il datore di lavoro deve rispettare l’obbligo di consegna della busta paga, anche con strumenti di invio digitali ed informatici, altrimenti si espone al rischio di ricevere delle sanzioni amministrative.

La differenza tra lordo e netto è notevole ed è tanto maggiore quanto più alto è il livello retributivo del dipendente. Infatti, la principale somma trattenuta sullo stipendio lordo del lavoratore è l’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche).

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L’Irpef non è una tassa in percentuale fissa essendo una imposta progressiva a scaglioni. Ciò significa che più aumenta il reddito più si innalza la percentuale di prelievo fiscale, sino ad oltre il 40% e, ovviamente, aumenta la forbice tra stipendio lordo e stipendio netto

 

 

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